Il monumento

Il tempietto del  Clitunno, piccolo sacello a forma di tempio, si trova nel comune di Campello sul Clitunno, a circa 1 km a valle  delle sorgenti del fiume Clitunno, nella frazione di Pissignano. Considerato uno tra i più interessanti monumenti altomedievali dell’Umbria, è tra i sette gioielli dell’arte e dell’architettura longobarda in Italia, che riuniti in un unico seriale, sono stati di recente inseriti nella prestigiosa lista del Patrimonio mondiale dell’Unesco.
Costruito sopra una delle tante sorgenti del fiume Clitunno ricordate da Plinio il Giovane, sorge lungo il declivio del colle di S.Benedetto dominante la valle spoletina.
Ritenuto a lungo un sacello romano, l’edificio, la cui architettura ricalca la forma di un tempietto corinzio tetrastilo in antis, è stato oggetto di numerose interpretazioni riguardo le sue fasi costruttive. Una prima proposta di datazione lo vede innalzato nel IV – V sec.d.C., come chiesa intitolata a S.Salvatore, dove convivono raffinato linguaggio classico e simbolismo dei primi secoli del cristianesimo. La presenza di una croce monogrammatica al centro del timpano, coerente ed integrata al resto della decorazione scolpita, ne sarebbe testimonianza. Recenti studi, invece, hanno permesso di circoscrivere la cronologia dell’edificio all’età longobarda, con un’oscillazione tra gli inizi del VII ed il pieno VIII sec. Sempre all’ VIII sec. sono attribuiti gli affreschi dell’abside raffiguranti Pantocreator, San Pietro, San Paolo, Angeli con Croce Gemmata.

Il monumento, costruito in buona parte con materiali di recupero romani prelevati nell’area, dove è noto sorgevano, lungo il corso del Clitunno, numerose ville, terme e templi eretti in onore del dio Clitunno, presenta almeno due fasi costruttive ravvicinate. In origine doveva trattarsi di un vano unico coperto da volta a botte, corrispondente alla cella dell’attuale costruzione. Sulla parete ovest si apriva una porta sormontata da una cornice di spolio in stile ionico. Cinque finestre centinate si impostavano lungo i muri laterali, mentre una esigua terrazza assicurava l’accesso all’aula.Successivamente la terrazza venne ampliata per realizzare il vestibolo e furono costruiti due portici laterali, costituiti da un alto podio con zoccolo e cornice, un’apertura al centro del podio, un colonnato corinzio in antis sormontato da una trabeazione ionica e soprastante frontone, il quale cela lo stupendo timpano scolpito a bassorilievo con volute racemate e fogliate che incorniciano la centrale croce latina. L’accesso alla terrazza avveniva per mezzo di due scalinate laterali con protiri, in origine precedute da un proprio pronao, che venne demolito nel XVIII sec.per riutilizzarne i blocchi. A questa seconda fase va anche attribuita la costruzione dell’abside che comportò la demolizione dell’originaria parete di fondo e la costruzione della nuova con l’aggetto dell’abside e l’apposizione di un frontone iconograficamente vicino a quello che sormonta la facciata. La presenza di una trabeazione continua che abbraccia tutto il monumento ha l’evidente intento di ricucire formalmente le parti nuove alla primigenia struttura. Una copertura a tetto ricopriva corpo principale e portici d’ingresso. Tutti i sostegni utilizzati sono di reimpiego, così come numerosi spolia entrano nella tessitura muraria, nella pavimentazione, nelle cornici, nella decorazione architettonica della cella. Sull’architrave si trovano, rispettivamente sui lati ovest, sud e nord iscrizioni riconducibili al tipo epigrafico della capitale longobarda, raro esempio di epigrafia monumentale altomedievale. Al di sotto del timpano, corre l’iscrizione dedicatoria al “Dio degli Angeli” All’interno della cella, circoscritta dall’abside, si apre un edicola marmorea, formata con il reimpiego di elementi scultorei di I sec.d.C. Al centro, sono presenti affreschi di VIII sec.(Pantocreator tra gli apostoli Pietro e Paolo) che hanno somiglianze con quelli di Santa Maria Antiqua in foro a Roma. Tali dipinti sono ritenuti i più antichi dell’Umbria.
Lo stile generale con cui è concepito il tempietto e il linguaggio classicheggiante che emerge sia dai reimpieghi che dagli ornamenti appositamente disegnati ed eseguiti, suggeriscono che i committenti furono probabilmente membri della famiglia ducale longobarda che, attraverso l’evocazione della grandezza di Roma, proclamavano il loro status e il loro prestigio.